La sessualità, o più nello specifico una buona qualità di vita sessuale, rappresenta uno fra i maggiori diritti dell’essere umano. Non solo essa permette all’individuo e alla coppia di ottenere una buona qualità di vita generale e relazionale, ma anche di segnalare, nel momento in cui sopraggiungono difficoltà in questa sfera, problematiche di varia natura, siano esse organiche o psicologiche. Tuttavia, se per la popolazione generale avere la possibilità di vivere la propria vita sessuale nel modo in cui più ci appartiene sembra essere quasi una cosa scontata, per le persone diversamente abili, e soprattutto per quelle affette da disabilità intellettiva, il vivere e condividere con gli altri gli affetti, i sentimenti, o pur semplicemente il piacere sessuale, sembra quasi un’impresa. Permane, infatti, ancora un preconcetto sociale, secondo il quale da una parte l’individuo diversamente abile è asessuato e, dall’altra, una persona attratta sessualmente dalle persone affette da disabilità è necessariamente una persona affetta da parafilia. Sebbene in letteratura sia stata studiata l’attrazione sessuale verso le disabilità, che prende il nome di “devotismo”, questa attrazione “non convenzionale” non assume necessariamente le caratteristiche di un comportamento parafilico. Solo una parte di questa popolazione sembra manifestare comportamenti e interessi sessuali estremi, che vanno a ledere proprio i diritti a una sessualità sicura delle persone diversamente abili. In questi casi, poiché la persona diversamente abile può presentare difficoltà nell’incontrare le persone, instaurare rapporti e comprendere le intenzioni altrui, l’assistenza sessuale sembra configurarsi come un servizio utile, o potremmo dire anche necessario alla persona diversamente abile per vivere la propria intimità. Al contrario, l’inibizione dell’istinto sessuale, così come previsto da molti programmi riabilitativi attuali, può mettere a rischio la persona diversamente abile, al punto di farla trovare in situazioni dove comportamenti sessuali inappropriati per un certo contesto vengono letti come perseguibili dalla legge. Pertanto, se la sessualità è un diritto per tutte le persone, allora la possibilità di viverla nel rispetto delle esigenze e volontà di chiunque, garantendo la propria incolumità, è altrettanto un diritto. In questi casi, se la persona manifesta difficoltà nella comprensione delle intenzioni altrui, nonché nella gestione delle relazioni interpersonali, l’assistente sessuale, adeguatamente formato da associazioni che attuano corsi professionalizzanti, può rappresentare una valida alternativa.

Sessualità nella disabilità psichica / Limoncin, E; Ciocca, G; Mollaioli, D; Jannini, Ea. - In: NOOS. - ISSN 1590-0711. - 1:(2017), pp. 3-12.

Sessualità nella disabilità psichica

Limoncin E;Ciocca G;
2017

Abstract

La sessualità, o più nello specifico una buona qualità di vita sessuale, rappresenta uno fra i maggiori diritti dell’essere umano. Non solo essa permette all’individuo e alla coppia di ottenere una buona qualità di vita generale e relazionale, ma anche di segnalare, nel momento in cui sopraggiungono difficoltà in questa sfera, problematiche di varia natura, siano esse organiche o psicologiche. Tuttavia, se per la popolazione generale avere la possibilità di vivere la propria vita sessuale nel modo in cui più ci appartiene sembra essere quasi una cosa scontata, per le persone diversamente abili, e soprattutto per quelle affette da disabilità intellettiva, il vivere e condividere con gli altri gli affetti, i sentimenti, o pur semplicemente il piacere sessuale, sembra quasi un’impresa. Permane, infatti, ancora un preconcetto sociale, secondo il quale da una parte l’individuo diversamente abile è asessuato e, dall’altra, una persona attratta sessualmente dalle persone affette da disabilità è necessariamente una persona affetta da parafilia. Sebbene in letteratura sia stata studiata l’attrazione sessuale verso le disabilità, che prende il nome di “devotismo”, questa attrazione “non convenzionale” non assume necessariamente le caratteristiche di un comportamento parafilico. Solo una parte di questa popolazione sembra manifestare comportamenti e interessi sessuali estremi, che vanno a ledere proprio i diritti a una sessualità sicura delle persone diversamente abili. In questi casi, poiché la persona diversamente abile può presentare difficoltà nell’incontrare le persone, instaurare rapporti e comprendere le intenzioni altrui, l’assistenza sessuale sembra configurarsi come un servizio utile, o potremmo dire anche necessario alla persona diversamente abile per vivere la propria intimità. Al contrario, l’inibizione dell’istinto sessuale, così come previsto da molti programmi riabilitativi attuali, può mettere a rischio la persona diversamente abile, al punto di farla trovare in situazioni dove comportamenti sessuali inappropriati per un certo contesto vengono letti come perseguibili dalla legge. Pertanto, se la sessualità è un diritto per tutte le persone, allora la possibilità di viverla nel rispetto delle esigenze e volontà di chiunque, garantendo la propria incolumità, è altrettanto un diritto. In questi casi, se la persona manifesta difficoltà nella comprensione delle intenzioni altrui, nonché nella gestione delle relazioni interpersonali, l’assistente sessuale, adeguatamente formato da associazioni che attuano corsi professionalizzanti, può rappresentare una valida alternativa.
2017
Sessualità; diritti; assistenza sessuale; devotismo; parafilie
01 Pubblicazione su rivista::01a Articolo in rivista
Sessualità nella disabilità psichica / Limoncin, E; Ciocca, G; Mollaioli, D; Jannini, Ea. - In: NOOS. - ISSN 1590-0711. - 1:(2017), pp. 3-12.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1309083
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